Paola Volpato


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Bruno Rosada


Per la presentazione personale Omaggio ad Emily D , Ai Pirati, 4 settembre 2006
La "filosofia" di Paola Volpato.


Le virgolette forse era meglio non metterle, perché qualcuno può anche pensare che ho usato la parola "filosofia" in senso traslato, in senso metaforico, per indicare qualcosa che può magari assomigliare alla filosofia, ma non è filosofia vera e propria.
E invece no. Il contenuto della pittura di Paola Volpato si può considerare filosofico a pieno titolo. Del resto una caratteristica dell'arte contemporanea dovrebbe essere (non sempre lo è) proprio questo: un contenuto di pensiero che mette in moto dei processi emozionali che a loro volta inducono e producono un certo tipo di manifestazione pittorica. E' il caso della pittura di Paola Volpato, donna intelligente e colta, che alla produzione pittorica unisce una produzione poetica di tutto rispetto. E che del contenuto sapienziale della sua pittura lei abbia piena consapevolezza è dimostrato dalle parole poste in epigrafe a questo libro, una frase di Mimmo Paladino: "L'arte non è cosa di superficie" e tre versi suoi, di Paola Volpato: "Distaccato ed elegante, sublime caos /
E la parola che nomina e ordina / E il segno che entra lentamente".
La frase di Paladino ha un fondamentale significato gnoseologico: non è più il significante quello che conta; ci siamo baloccati abbastanza con le forme belle; la superficie dell'opera, quello che si mostra agli occhi del visitatore frettoloso, può tutt'al più servire a rendere più persuasivo ed accettabile il messaggio; a divulgarlo, cioè a renderlo noto al volgo. E basta. E quindi noi che leggiamo l'opera, dobbiamo trapanare l'opera, vedere che cosa c'è al suo interno, insomma cercare il che cosa e non il come, nella consapevolezza che nell'opera di Paola Volpato questo contenuto c'è. E i tre versi tra i suoi moltissimi, che lei ha scelto a rappresentare se stessa descrivono proprio questo contenuto, il suo aspetto primario.
Guardiamo i suoi quadri e confrontiamoli con questa sintesi della sua poetica: c'è un aspetto comune nei suoi quadri, la varietà dei punti di vista prospettici e talvolta (abbastanza spesso) la frammentarietà dei temi: molte volte il quadro si suddivide in formelle; e quasi sempre gli argomenti sono disparati, sghembi, inconciliabili.
Prendiamo un altro testo pittorico: non a caso, ma lo scegliamo col criterio della rappresentatività: 1,2,3, canto con te: è un quadro di quelli fatti a formelle e le formelle alternano reminiscenze diverse, un'eco rinascimentale, la riproduzione di un altorilievo (tre putti canori), un sacco alla Burri, momenti informali, un accenno alla transavanguardia. Ma perché dividere il quadro in tanti sottomultipli? Appunto per questo. Si tratta di una pittura che ha un sacco di cose da dire; alcune le dice il narratore, che le organizza e le dispone sulla tela, altre affiorano dalla coscienza implicita del quadro, e si affidano alla collaborazione colta dell'osservatore. E qui, in questo quadro, la sensazione preminente che nasce dalla frammentazione è quella del Dasein heideggeriano, lo sradicamento reciproco dei pensieri e delle cose.
Mentre altrove (per es. I.O. non vedo non sento non parlo) è piuttosto un orizzonte jaspersiano, che si sposta con l'autore e lascia l'assoluto nascosto dietro di sé, una specie di siepe leopardiana mobile. C'è una presa diretta tra la suggestione emotiva prodotta dal pensiero riflesso (la filosofia insomma) e la raffigurazione pittorica, per cui il pensiero nitido si rapprende in una sorta di impetuoso grumo affettivo che deforma l' argomento e lo spalma sulla raffigurazione. La sintesi è estremamente efficace, con una sorta di aristocratico ritegno. Vien da dire con la Dickinson Gentility is fine, e dalla Paola Volpato c'è sempre Gentility.

Guardiamo l'immagine della copertina: è il particolare di una installazione: o se volete, chiamiamola scultura, una scultura di stoffa, un abito bianco per Emily Dickinson, la poetessa prediletta da Paola Volpato, emblema della femminilità del nostro tempo. Il risultato della riproduzione fotografica mostra come ai diversi punti di vista prospettici corrisponde nella realtà una allusione a differenti punti di vista concettuali, che trovano soluzione o meglio superamento delle opposizioni (Aufh ebung) nel risultato estetico.

Bruno Rosada


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