Paola Volpato


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Antonella Barina

PUO' L'IMMAGINARIO INFLUENZARE POSITIVAMENTE L'EVENTO PARTO? -
IL TESTO VISIVO DI PAOLA VOLPATO

ANTONELLA BARINA
Per Istar, la Rivista Multidisciplinare sulla Nascita, numero 9, Editore SGE, aprile 1993, Padova.

"Può l'immaginario influenzare positivamente l'evento parto? Lo spazio visivo, o testo visuale, proposto in ogni numero di Istar è una scommessa fondata sull'ipotesi che l'immissione di immagini legate all'arcaico femminile e al materno in particolare riequilibri un simbolico attualmente vigente fondato sulla sofferenza, sul sacrificio, dando uno strumento di forza in più alla donna, non solo per quanto riguarda il parto. La proposta di istar non consiste però in un'immissione acritica di elementi tratti dall'archeologia, ma di un invito rivolto ad artiste diverse - cui vengono forniti materiali omogenei legati alla sfera del creativo femminile, là dove la loro ricerca non le aveva ancora portate in questa direzione - affinché li elaborino, trasformandoli attraverso la propria creatività- Al tempo stesso, questo invito è rivolto a chi - lettrici e lettori della rivista - può a sua volta elaborare a diversi livelli i segni che ne risultano, aprendosi ad un uso cosciente dei moduli immaginifici. La scommessa è che questa elaborazione possa avere un effetto benefico al momento del parto, utile a rafforzare - attraverso la carica vitalizzante di una serie di simboli - la volontà e ò'identità di chi vive l'esperienza gravidica, ben sapendo che il momento iniziale del parto è destinato ad influenzar in modo determinante non solo la vita del nuovo nato/a, ma anche la vita della madre, la sua propensione ad annullarsi nella maternità o a dedicar visi mantenendosi intera.
A prescindere dalle uniche immagini ammesse nei luoghi ostetrici della struttura sanitaria (il croce ficco agonico che semplifica l'immolazione e la statua della madonna nel cui mito è rimosso e traslato l'atto procreativo), gli oggetti presenti in queste strutture sono carichi di una proprio carica semiotica che sarebbe utile approfondire.
Dal rasoio depilatorie alla superficie plastificata degli arredi, allo scintillio freddo degli strumenti medici, questi oggetti sembrano parlare una lingua "antibiologica", cioè parlano tutti di un possibile intervento esterno che si impone all'attenzione della gestante in modo totalitario, rispetto al quale l'autrice del parto è riservato un ruolo necessariamente passivo. Avere dentro di sé altre immagini e la propria forza non è sempre facile in tutti i momenti della vita, e in questo modo particolare.
Prima di proporre in Istar questo percorso, me ne sono fatta "cavia" in una ricerca personale che ha percorso in luoghi sacri del Mediterraneo, alla quale devo - tra l'altro - l'impostazione di questo spazio su Istar.
Partendo dalla necessità di riformulare l'immagine della maternità, omologata in stereotipi troppo angusti nelle culture religiose patriarcali da una parte e dal mercato pubblicitario dall'altra, lo scopo è di verificare se un simbolo diverso, legato a contesti in visibilità sociale, può avere un effetto positivo, può portare con se una forza che la maggior parte delle autrici che hanno collaborato alla parte visiva di Istar hanno detto di aver percepito.
Ha lavorato a questo numero di Istar Paola Volpato, artista completa passata d auna prima fase espressionista ad elaborazioni in cui la figura umana è collocata in spazi geometrici nell'ambito di una ricerca sui segni del mitologico greco che data fin dai primi anni di attività. E proprio questa frequentazione con l'ambito mitologico ha determinato un felice risultato finale, in particolare l'immagine del "partorire il mondo" che vede come protagonista una delle più antiche raffigurazioni di divinità partoriente.
Lavorando sulle immagini fornite da Istar, e forte della propria capacità elaborativa dei motivi del passato, Paola ha creato delle vere e proprie sintesi di senso materno, in un'accentuazione affatto diversa da quello che usualmente questo binomio - senso materno - significa.
Chiediamo a Paola se e che tipo di forza hanno evocato in lei queste immagini.
Paola risponde: " E' come riprendersi qualcosa, rimettere le cose come devono essere messe, Vorrei collegare la risposta a quella che è stata la mia esperienza come madre di tre figli, che ha sempre cercato di avere il minimo rapporto con la struttura ospedaliera. Il primo parto, in questo senso, è stata una sofferenza. C'era questo dirti 'Cosa vuoi che sia' da parte degli operatori, che è come un dividerti dal tuo dolore, mentre tu sei di fronte a qualcosa che non conosci, che ti fa molto soffrire, che non sai se ce la farai a portare fino in fondo. Da un certo punto di vista ti cade qualcosa di quello che non conosci del tuo corpo. C'è qualcosa che ti sfugge, che non sai come andrà a finire. Sei in gioco completamente, fino alla morte. Tu senti che c'è la morte vicino a te, c'è la paura di morire, non è uno scherzo, non è una malattia che è controllata, anzi, non è una malattia. E' un evento in cui ti giochi completamente, in cui non sai cosa succederà. Di fronte a questa cosa, che è magica, nella struttura sanitaria c'è un rapporto di derisione, una violenza che ha fatto di tutto per rifuggire le volte successive. C'è una forza dentro di te, però devi aver vicino una persona che ti sa prendere, che ri rispetta, che non ti coccola facendoti da madre, padre, sorella, fratello, ma che ti accoglie per quello che sei".
Cioè che ama la tua forza. E' questo chiamare la forza che io ti sto chiedendo di descrivere, che io sento nella frequentazione delle immagini che stiamo proponendo …
"Esatto, nella struttura sanitaria non c'è riconoscimento della tua forza, mentre tu la riconosci. mentre tu devi fare appello alla tua forza, che è una forza psicologica e fisica".
E mitologica …
"Sì, perché il dolore ti porta all'inizio della storia. Questo dolore, che per me è stato fortissimo in tutti e tre i casi, è un dolore che ti porta ad una visione metafisica dell'umanità nella sua grande forza e debolezza e dolore e miseria e ancora forza. Il nucleo è molto caotico, è il caos, che è l'imprevedibilità della vita, che è la vita stessa. Se noi fossimo forti e basta saremmo angeli, se avessimo della sapienza la nostra forza fino in fondo saremmo già perfetti, invece noi sappiamo di avere la forza, ma non sappiamo viverla fino in fondo. Grazie a questo dolore enorme, è possibile essere all'interno della comprensione delle cose".
E l'illuminazione?
"In certo senso . Con la prima figlia ho avuto la percezione netta che tutti gli uomini che nascevano a quel modo, che tutti erano figli. Mi si sono rivelati col cuore come figlio, ma non con la mente. Ho avuto la percezione netta di come tutti in questo mondo si sia figli."
E figlie
"Sì certo. Questa sensazione, che è molto femminile, ed è legata alla maternità, è rivelazione dal punto di vista della conoscenza".

Antonella Barina, 1993


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